Questa volta non vi parlerò di un libro. Vi parlerò di un film, precisamente un film documentario, con un regista d'eccezione: Niccolò Ammaniti. Ieri sono stata a Milano, alla Feltrinelli di piazza Piemonte, per assistere alla presentazione. C'è stata la proiezione di un estratto del film e l'intervista all'autore.
Niccolò Ammaniti ci ha raccontato del suo primo viaggio in India, circa vent'anni fa, quando ancora non era uno scrittore. Da questo viaggio gli era rimasta, come un seme, l'idea e il desiderio di fare un documentario che parlasse dell'India, dal punto di vista degli italiani figli dei fiori, che sono partiti negli anni '70 per una emigrazione che non ha motivazioni economiche, o lavorative. Un'emigrazione per motivi ideali e di conoscenza.
Il film, disponibile in dvd da pochi giorni nelle librerie italiane, racconta la storia di tre di questi uomini, quelli più interessanti, molto diversi fra di loro, ma aventi in comune il fatto di essere persone senza strutture e senza filtri, dei ribelli. Per questo modo di essere qui in Italia, dove è richiesto un chinare la testa generale, assolutamente non si trovavano bene.
Lo scrittore/regista ci ha detto che ha trovato interessante sia questo elemento in comune fra di loro sia la nostalgia per l'Italia, nonostante tutto, e il fatto che avessero un'idea quasi congelata dell'Italia, per come l'avevano lasciata.
Raccontare le loro storie è stato in un certo qual modo parlare anche del nostro Paese, seppur in una prospettiva obliqua.
Fin qui ho cercato di mantenere un tono abbastanza freddo e distaccato, e di descrivervi quanto appreso ieri e dalla visione del film.
Posso aggiungere che, letterariamente parlando, io sono innamorata di Niccolò Ammaniti, e qualsiasi cosa io possa dire su di lui e sulla sua opera mi sembra troppo poco, troppo riduttivo.
Quando ho iniziato a leggere il suo primo libro (per me primo) Io non ho paura, che narrava di un rapimento, per una coincidenza mi fu assegnata la tesi di laurea sul sequestro di persona. Nel leggerlo sono stata folgorata. Da lì è stato un crescendo, li ho letti tutti anche più volte, e aspetto con ansia il nuovo libro (che forse uscirà il prossimo settembre, ha detto ieri). I suoi libri e i suoi personaggi mi sono entrati nelle viscere, per la loro umanità e, per altre ragioni che, come tutte le cose che vengono dalla pancia, non si spiegano. Ieri ho sentito una particolare empatia quando ci ha detto che quello che hanno di speciale i protagonisti del film è l'essere senza filtri, senza sovrastrutture. Puliti, come dei bambini, aggiungo io, come i ragazzi protagonisti dei libri di Niccolò Ammaniti. Persone che nella nostra società sarebbero considerate dei falliti, forse, o sicuramente degli immaturi, da parte di tutti quelli che si ergono a cattedra e si arrogano il diritto di giudicare. "Hai perso un'altra occasione per crescere" Quanto è abusata questa frase! Quante volte me lo sono sentita dire, ma preferisco mantenere la mia parte bambina, pulita e senza filtri, che sporcarmi delle convenzioni.
Ieri quando Niccolò mi ha firmato "Ti prendo e ti porto via" non riuscivo a parlare, neanche il mio nome riuscivo a dire, ma dentro avevo tutto questo e anche di più.
© Miriam Caputo riproduzione riservata
Niccolò Ammaniti e Marco Missiroli |
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