TITOLO: La grande bellezza
REGIA: Paolo Sorrentino
ANNO: 2013
SCENEGGIATURA: Paolo Sorrentino e Umberto Contarello
Cast: Tony Servillo, Carlo Verdone, Sabrina Ferilli, Carlo Buccirosso, Pamela Villoresi, Galatea Ranzi, Iaia Forte, Giorgio Pasotti, Serena Grandi, Isabella Ferrari
Un
film molto complesso e profondo, che ho voluto rivedere una seconda volta, innanzi
tutto perché mi è piaciuto e poi per poterne parlare con una certa cognizione.
La
mia prima impressione è stata davvero positiva, ci sono delle scene poetiche,
dei dialoghi che mi hanno commossa ed ho trovato che fosse stato ingiustamente
maltrattato dalla critica, liquidato come una scopiazzatura di Fellini e come un
film pessimista.
Certo
dei punti di contatto con Fellini ci sono, e non soltanto con la Dolce vita (Roma, le feste, l’alta
borghesia, il declino e la depravazione, la vita, la morte) ma anche con Otto e mezzo (la crisi del regista e la
crisi dello scrittore, la ricerca della purezza e della bellezza, la dimensione
onirica). Possiamo dire che sia un film felliniano - che non può essere che un
complimento, al di là dei gusti personali, il Maestro Fellini era e resta un
genio - ma non possiamo dire che sia una
copia di un film di Fellini.
Non
c’è una vera storia, ma ci sono tante storie, che si sovrappongono, in tanti
quadri, come un’opera teatrale, come in una galleria d’arte. Filo conduttore è
lo sguardo di Jap Gambardella (interpretato divinamente da Tony Servillo)
giornalista, che ha all’attivo un solo romanzo, scritto in gioventù, ”L’apparato
umano” , e che vorrebbe tornare a scrivere, ma non ce la fa, è
troppo impegnato nelle feste e nella mondanità, è in crisi con sé stesso e con
il mondo, sente in particolare la vacuità dell’ambiente e che lo circonda, il “bla
bla bla, il chiacchericcio, che nasconde l’imbarazzo del vivere”. (cit. Céline)
Tre
sono i momenti salienti di questo film, dal mio punto di vista.
La
scena iniziale della festa di compleanno di Jap Gambardella, ove la “Roma bene”
rappresentativa di tutta l’Italia bene, si diverte, in preda all’alcool e alle
droghe. Paolo Sorrentino è stato magistrale nel mostrare la depravazione (così come nella scena
delle visite al chirurgo estetico - 700 euro per una punturina, quando c’è
gente che li guadagna a malapena in un mese di lavoro duro, ammesso lo abbia).
La scena non si può descrivere a parole, è da vedere, anche divertente, da
ridere, se non fosse che c’è da piangere, a pensare che questi “depravati” sono
coloro che reggono le fila e le sorti del paese: politici, giornalisti,
magistrati, banchieri, medici, avvocati…
Poi
mi ha colpita e commossa la scena sul terrazzo di Jap Gambardella, sullo sfondo
del Colosseo e dei Fori imperiali, con tutti i suoi amici riuniti e Stefania
(Galatea Ranzi) giornalista e scrittrice “impegnata”, che propina a tutti le
sue “certezze” e si loda, del suo lavoro, di aver scritto romanzi impegnati, non un romanzetto di “sentimenti” inutili
come ha fatto Jap Gambardella, e della sua famiglia, con quattro figli, lei sì
che ha contribuito al bene della società! Jap smonta ad una ad una le sue
certezze, in un modo che non rivelo, per non guastare la sorpresa a chi non
l’avesse visto, ma ciò che conta è l’umanità del discorso di Jap, l’invito,
molto commovente, a mostrarsi nudi nella propria umana debolezza, anziché lodarsi idolatrarsi e imbrogliarsi.
Molto
bello è anche il rapporto che Jap instaura con Ramona, una spogliarellista
malata interpretata da Sabrina Ferilli, un rapporto fatto di sentimento e di
amicizia, contrapposto alla vacuità della ricerca del mero piacere del sesso.
Anche
il cast di attori è di lusso. A parte i già menzionati, fra gli amici di Jap,
possiamo citare: Pamela Villoresi, Carlo Buccirosso, Carlo Verdone, Iaia Forte, Giorgio Pasotti.
Nomi che non sono solo nomi, ma davvero delle eccellenze del cinema e del
teatro italiano.
E
infine: la scena finale. Il ritorno alle radici, alla propria gioventù, alla
purezza: è lì che si trova la grande bellezza, nel fondo di noi stessi ed è
così che Jap ritrova l’ispirazione per tornare a scrivere.
Qui
se posso permettermi un paragone con la scena finale de “La dolce vita” di
Fellini, lo farei. Marcello Mastroianni sulla spiaggia, non sente più la voce
della bambina, la voce della innocenza, perché apparentemente è coperta dal
rumore delle onde del mare, ma di fatto
perché lui l’innocenza dentro di sé l’ha persa e non la riconosce più. Invece
ne “La grande bellezza” Sorrentino ci lascia con la speranza che il suo
protagonista la purezza e la bellezza, dopo un percorso di crisi le abbia ritrovate.
© Miriam Caputo
le immagini sono tratte dal web
1 commento:
Recensione molto ben scritta, schietta e onesta. Sinceramente a me il film non è piaciuto molto, magari mi sono fatta influenzare dalle critiche e magari tu mi hai fatto notare delle cose che non avevo notato, mi hai fatto venire voglia di rivederlo!
Posta un commento