Argento vivo-Marco Malvaldi
Sellerio editore
2013
p. 288
Argento
vivo, l’ultimo romanzo di Marco Malvaldi - che ho avuto l’onore di rivedere
alla presentazione- non è solo un
romanzo giallo ma anche una commedia brillante, come sono tutte le opere di
questo promettente autore.
La trama si basa su un furto e non sul classico omicidio, il furto
nell’abitazione di un famoso scrittore, al quale viene sottratto il computer su
cui si trova l’unica copia del suo romanzo in prossima pubblicazione. Un
disastro.
E
che cosa può accadere? Neanche il lettore dalla più fervida immaginazione può
immaginarselo, e la ripetizione non è casuale. Un intreccio di eventi, e di
persone, sapientemente dosati: lo scrittore, sua moglie, il suo editore e
soprattutto la sua editor – scansafatiche- l’agente di polizia, la banda di
malfattori, un giovane informatico con la passione per la lettura e la critica
letteraria e la sua mogliettina, insegnante… Equivoci, scambi di “oggetti”,
gelosie e appostamenti, incompetenze professionali e “licenziamenti”
naturalmente di chi incompetente non è!
Ma
nel caos generale tutto troverà la sua giusta collocazione, sia gli oggetti sia
le persone.
Un
libro che rimette tutto a posto, come è nello stile di Malvaldi ed è proprio
ciò che a me piace di più: che almeno nella letteratura Giustizia sia fatta, e
se è con divertimento, come nei romanzi dell’autore ancora meglio.
Le
vicende riguardanti il furto del computer e la ricerca del manoscritto, sono
intervallate proprio dai capitoli di quest’ultimo, in cui si disserta di ricerca
scientifica. L’autore ci ha spiegato alla presentazione che l’intento suo
era proprio quello di cercare di far passare la scienza come qualcosa di
interessante e perché no di divertente, e non solo di noioso, come è tradizione
in Italia.
Lo
stile è scorrevole, piacevole e frizzante. Se proprio dovessi trovare una
pecca, direi che essendo le vicende (con relativi personaggi) molteplici si ha
l’impressione che siano state scritte separatamente (ma non è così, me lo ha
detto Marco Malvaldi di persona ) e poi assemblate, con il giochino di fare una
domanda e riprendere dalla risposta di un “altro” personaggio di un' “altra”
vicenda, seppur parallela. Ci vuole un attimo per abituarsi a questo giochino
di parole e il “gioco è fatto” (anche qui la ripetizione non è casuale!) il
romanzo scorre via come l’acqua!
© Miriam Caputo
FRASI:
“Chi
è capace di usare il linguaggio del corpo è in grado di mentire anche con l’atteggiamento.
Con le nostre mani, con la nostra postura, con il nostro sguardo possiamo
simulare certezze che non abbiamo, o dissimulare colpe che ci riguardano in
pieno.
L’unica
cosa che non possiamo controllare sono le nostre pupille. Possiamo essere i più
grandi truffatori della storia, ma se abbiamo paura, se mentiamo, se non ci
fidiamo le nostre pupille si contraggono. Se invece siamo tranquilli, se ci
fidiamo, se quello che vediamo di fronte ai nostri occhi ci piace, le nostre
pupille si dilatano. Non c’è modo di ottenere questo risultato volontariamente,
secondo l’autorevole parere dei neurologi”.
“Non c’è niente da fare. Uno scrittore scrive
perché la realtà così come è non riesce proprio a sopportarla, e per conviverci
ha bisogno di modificarla. In modo radicale o anche solo un pochino. Quel tanto
che basta per renderla sopportabile. L’ha detto Orhan Pamuk, ma lo sottoscrivo.
Chissà se uno come Orhan Pamuk ha per editor una rompicoglioni come la
Terrazzani. Ecco sì, se c’è una cosa di
cui mi vorrei liberare, ad essere sinceri. Mi vorrei liberare dall’obbligo di
scrivere per quegli altri. Non dal fatto di piacergli, intendiamoci. Mi piace
che alla gente piaccia quello che scrivo. Ma prima di tutto deve piacere a me".
© Miriam Caputo Immagini: Marco Malvaldi e Antonio Manzini, al Book City Milano (Castello Sforzesco) #bcm13 nella conferenza #investigatorialternativi |
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